Il vento la sorprese. Non era uscita presto quella mattina perché il freddo era ancora intenso ma la rigidità di quel vento, pungente ma non rumoroso, la sorprese egualmente. Heather non si lasciò intimidire e, chiudendosi il cancello alle spalle, iniziò a camminare per il lungo viottolo. Il fido Rex la precedette scodinzolando, forse più felice di lei per quell’aria pungente e intensamente fresca. Andò avanti nascondendosi tra i cespugli per poi tornare indietro saltando felice intorno alle sue caviglie.

Heather gli sorrise, lo accarezzò blandendolo e poi, stringendosi intorno al corpo la lunga giacca di lana, iniziò a camminare di buona lena. Nonostante fosse una giornata tipicamente invernale tutto, intorno a lei, era illuminato dalla luce di un sole forte. Bagliori intensi si facevano spazio infatti tra i rami spogli e ogni cosa… la terra bruna, i sassi sparsi, la legna abbandonata… sembrava pervasa da una nuova allegria.

Però la donna e il cane, camminavano velocemente quasi che entrambi condividessero lo stesso desiderio, ossia quello di uscire al più presto da quel bosco colorato d’inverno. Lì, per quei viottoli brinati, niente si udiva e ancor meno si vedeva. Sembrava che un letargo profondo avesse colto tutti di sorpresa e che il gelo della notte appena trascorsa avesse fatto il paio con quello di una qualunque giornata di gennaio. Ma ben presto lo stradello fu percorso per intero e all’improvviso (era questo l’effetto che provavano ogni volta) la valle si aprì per intero davanti ai loro occhi. Da un terrazzamento facilmente percorribile la vista poteva infatti spaziare su prati e colline, prati e colline e… prati e colline a non finire.

Rex saltò su ancora più felice mentre Heather si arrese per un attimo all’emozione, sorpresa che ancora una volta fosse quella di sempre. I suoi occhi percorsero lo spazio suddiviso tra cielo e terra e i prati macchiati di erica. Il vento pettinava le piantine violacee, quelle stesse di cui lei portava il nome, facendole muovere all’unisono. Come un mare appena increspato e come in una danza dai ritmi perfetti.

Lei allora sedette su un masso decidendo di respirare a pieni polmoni l’aria frizzante e beandosi di quel panorama di cui oramai conosceva ogni angolo, ogni recesso, ogni ombra diversa al volgere delle ore.

Erano anni infatti che ogni tanto si affacciava da quel terrazzamento. In realtà centellinava le occasioni e non lo avrebbe fatto tutti giorni neppure avesse potuto: non voleva rovinare quel senso di meravigliosa sorpresa che ancora riusciva a regalarsi in quelle poche occasioni in poteva raggiungerlo. Quel senso di sublime stupore che sentiva in sé, nel suo profondo più profondo.

Era una sensazione, la sua, paragonabile ad un nodo di commozione che ogni volta con difficoltà, riusciva a sciogliere. Una sorpresa, un dono, qualcosa di solo suo… di intimo, di non raccontabile, di non condivisibile. Una di quelle emozioni che è impossibile pensare comune a tutti gli uomini e che si reputano quindi solo per pochi o addirittura solo nostre. Davanti a quel panorama Heather si scopriva infatti in parte arresa ma in parte anche tremendamente capace di desiderare ancora, di sognare di nuovo, di essere come un tempo lontano: proprio come quelle valli immote e quei fiori mossi dal vento, sembrava anche lei incapace di scoprirsi diversa.

Si beava così, di anno in anno e all’inizio di ogni nuovo anno, di tanta bellezza. Se lo riprometteva quasi fosse una scommessa, un regalo necessario, una promessa da mantenere con se stessa.

Rimase lì un bel po’ immersa in quella beatitudine, in quel languore colorato di rosea speranza immaginandosi capace di percorrere, in un balzo, l’ampiezza della valle, e di raggiungere così l’orizzonte più lontano. Proprio come raggiungeva, ogni anno, una nuova primavera. E si sentì felice, pronta finalmente ad affrontare il breve febbraio e l’infinito marzo. Intravide aprile infatti già all’orizzonte, le sue verdi foglioline, i nidi colmi quanto i rami fioriti, il tepore e…

L’ombra di due nuvoloni si stagliò nera sulla valle e lei finalmente si riscosse dai suoi pensieri avvertendo, per la prima volta, profondi brividi di freddo percorrerle le membra. Il vento infatti si era sopito ma l’aria era, se possibile, ancora più rigida. Così si alzò abbandonando, un po’ dispiaciuta, il masso su cui si era accomodata, chiamò Rex a gran voce e una volta che lui l’ebbe raggiunta si sentì pronta a tornare indietro. A casa, a nuovi sogni, a un diverso domani.

E così… fu.

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