Se io fossi un mese sarei senz’altro settembre. Perché è il mese che traghetta nell’autunno e perché è il primo di una strada dolce, lunga e da me tanto amata: quella che porta al Natale.

E se io fossi un colore, di questo mese, sarei quello dei suoi tramonti tranquilli, tutti vigilie di sere quiete e finalmente fresche. Se invece fossi un suo ricordo avrei il profumo di un quaderno dalla copertina scura. O magari quello di una matita spuntata, entrambi dimenticati nel cortile di una scuola di bambini felici.

Fossi un suo frutto sarei una mela su una torta appena sfornata. Una sua immagine una spiaggia lunga, invasa dalla marea. Un suo luogo ideale un orto-giardino o una serra dai vetri bruniti, dove piante pronte al letargo si preparano al freddo in arrivo.

E poi, ancora, cosa sarei di questo mese? Cose semplici ma tante cose insieme, tutte quelle che mi appartengono nel profondo: una foglia di ginkgo disposta a ingiallire, un fiore di osmanto lì lì per sbocciare, la prima coperta leggera, il gomitolo di lana dimenticato nella cesta, il caminetto acceso alla sera, la prima tazza di tè caldo della stagione, la marmellata di fichi allineata sullo scaffale in barattoli tutti uguali e poi, magari, una pioggia nuova, finalmente pronta a bagnare.

Insomma sarei esattamente come lui è: un mese intimo, odoroso di casa e di spezie ma anche un mese di passaggio, un vero traghettatore di sogni e di speranze. Perché settembre, idealmente, è come l’inizio di un anno nuovo. Tutto ricomincia con lui e tutto può ancora avvenire. Ogni cosa, a settembre, può essere ancora attesa, immaginata, sognata, prevista, sperata. Così quando ogni anno arriva e io penso di poter scrivere anche qualcosa che non lo riguardi così tanto da vicino, alla fine, non riesco mai a farlo. Le sensazioni, dall’ultimo giorno d’agosto in poi, non si smentiscono mai e sono talmente forti da travalicare, in me, ogni altro pensiero.

Tuttavia non è così per tutti perché innegabilmente settembre ha in sé anche qualcosa di malinconico e un senso di tempo trascorso lo accompagna giorno giorno. È infatti un mese intimo ed evocativo, ricco di pensieri profondi e di ricordi speciali. Una sua parte nascosta sembra anzi proprio dedicata a questo aspetto. E gli animi sensibili sono destinati a cogliere in lui più di quanto appare, e a comprendere che un domani anche noi, in un qualsiasi settembre a venire, non saremo che lontane reminiscenze, come un vecchio quaderno o un’ombra sul muro, come una foglia ingiallita o un’umida serra chiusa per sempre. Anche noi destinati a diventare un ricordo per qualcuno.

Nonostante ciò a me piace questo lato settembrino, decisamente decadente, questo aspetto da deja vu continuo, che sembra già presagire l’aria cimiteriale di novembre. In fondo settembre è l’anticamera dell’autunno pieno, ne è la vigilia, e ha in sé il nostalgico ma dolce profumo della rimembranza. Lieve come la carezza di una nonna che non c’è più e squillante come la risata pura di un bambino.

Forse quella che è stata la nostra, in qualche settembre lontano della nostra vita. O forse anche quella che sarà ancora. Perché, in fondo, diciamoci la verità… lo saremo sempre, bambini pronti al primo giorno di scuola.

Bambini che non dimenticheremo e che non saranno dimenticati mai.

Sì, se io fossi un mese, non ho dubbio alcuno.

Sarei senz’altro… settembre.

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