Oggi sono qui a scrivere nel mio studiolo, a lume di candela e con una tazza di tisana appoggiata sulla scrivania. Ma in realtà è come se fossi molto lontana: seduta in una radura d’autunno vestita e cullata da antiche memorie. Forse da lontani e ancestrali ricordi di quella che fui un tempo. Perché, insomma… Oggi mi sento un po’ strega!

È così, c’è poco da fare, e non c’è altro modo per dirlo. È una sensazione indipendente da ogni mio volere che, ogni autunno, torna a prendermi sempre più. Così, grazie a questo particolare stato d’animo, ho deciso di giocare con le lettere e poi con le parole. Perché le parole hanno sì un senso ma anche una forma e un colore, un profumo e un sapore. Regalano un significato che va oltre l’apparenza e ci accompagnano per mano alla scoperta del mondo che ci circonda. Spesso partono da molto lontano, si legano fra loro di epoca in epoca, si trasformano, si celano dispettose dentro le altre.

E le parole che dipingono l’autunno sono necessariamente e da sempre parole da strega, adatte a ballare in un calderone appeso sul fuoco, pronte a illuminare di scintille il canto di un caminetto e a brillare in un cielo bigio quanto il mantello di un gatto nero. Così compio la magia, la candela diventa un fuoco scoppiettante, la tisana un intruglio di fiori perenni e…

Foglie, zucca, bosco, bacche, tana e poi… giallo, arancio, verde, viola e ancora… odore di salvia e di santoreggia, di nepitella e di erba officinale, di orto dei semplici e di chiostro di monastero. E infine… il potente effluvio di un vecchio Herbarium di pergamena ingiallita, sì colmo di fiori secchi ancora profumati di ricordi ma poi dimenticato in una soffitta piena di ragnatele.

Sentire il suono di queste parole, lasciarle scivolare in bocca equivale a vedere l’autunno con la mente, ad assaporarne il profumo di sottobosco umido, a immaginare una foresta e là, nel mezzo, una casa sghemba, da strega, appunto. Avrà il tetto ricoperto di muschi odorosi e rami di castagno, un camino pronto a fumare senza interruzione, un portico profumato di pigne e infine un orto di erbe officinali e di piante perenni.

Eh, sì… oggi mi sento proprio strega…

Perché, diciamoci la verità, noi donne lo siamo un po’ tutte, streghe nell’animo intendo. Lo siamo state fin dalle origini e grazie a quella parte ancestrale che da sempre ci appartiene. Spesso si cela, rimane nascosta per anni ma poi, all’improvviso, salta fuori rendendoci tutte un po’ Circe è un po’ Morgana. Quella meravigliosa, particolare e presaga sensibilità che spesso ci permette di intuire un impercettibile cambiamento, un mutare di stato d’animo, un vento imprevisto di passione o di noia. Di cogliere insomma ciò che gli altri non vedono subito. E che ci permette di accudire e di prenderci cura di chi abbiamo vicino. Accudire… bellissima espressione, capace di riscaldare l’anima come un abbraccio o un sorriso.

E dal momento che si gioca con le parole… strega da dove viene? Arriva proprio da lontano e per l’esattezza dal latino striga, forma popolare di strix – igis, ossia civetta. Un legame meraviglioso quindi con una creatura del bosco. Ma visto che ci siamo…

Chi erano le streghe? Donne… non erano che donne. Molto spesso levatrici e erboriste, legate quindi alla nascita e talvolta purtroppo anche alla morte, agli eventi cioè più misteriosi della vita umana, voluti e temuti in egual misura. Ma molto più spesso finivano per essere additate soprattutto perché erano soltanto donne, sole e indipendenti, che avevano il coraggio di vivere una vita tutta loro, un po’ ai margini e fuori dalle regole imposte. Nel tempo la parola strega ha assunto soltanto aspetti negativi e il resto della storia lo sapete già. Ma alle origini, e in particolar modo nella cultura celtica, la strega era una guaritrice, una maga buona legata a filo doppio alla natura e agli aspetti più profondi della nostra esistenza: l’alternanza delle stagioni, la nascita e la morte, i poteri delle erbe e quel magico senso di appartenenza ad un mondo ancestrale ben più grande di noi. Ed è in questo senso che io mi sento ancora strega.

Soprattutto in questi mesi colorati di zucca e profumati di ghianda, che da ottobre ci accompagnano lentamente al Natale. Questi giorni, silenziosi e quieti, in cui la casa diventa una “tana” calda, un luogo del cuore in cui rintanarci chiudendo fuori il resto del mondo, già più freddo e addormentato, e dove coccoliamo i nostri pensieri con tazze fumanti e con parole antiche ma ancora attuali: quelle dei racconti di streghe.

Adorabili civette che a fine autunno sono già pronte a spiccare il volo verso lidi lontani per tornare di nuovo qui allo stormire della prima foglia rossa, al sapore della prima zucca gialla e al profumo del primo sottobosco bagnato.

Insomma… la magia è riuscita: parole, immagini, colori, suoni, sapori, profumi. E ancora una volta…

Del mio meraviglioso autunno. Da strega.

Il quadro: Frederick McCubbin (1855-1917) “Autumn Memories”, National Gallery of Victoria, Melbourne, Australia.

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